Fonte: Sistema Idroelettrico Minerario | Autrice: Silvia Mondolo per Associazione Post Industriale Ruralità
La vasca di carico era parte dell’impianto di derivazione delle acque Malonno-Cedegolo costruito dalla “Società Elettrica Bresciana” (SEB) nel 1909-1910 per generare energia elettrica nella sottostante centrale di Cedegolo. Le acque del fiume Oglio, captate a Malonno con un’ imponente opera di presa, dopo un percorso di circa 8 km attraverso un canale in muratura, giungevano alla vasca di carico. Qui l’acqua s’immetteva nei tubi della condotta forzata e con un salto di 92 metri alimentava le turbine della centrale.
La vasca di carico di forma trapezoidale – con una lunghezza di circa 100 metri, una larghezza massima di 12 e una profondità media di 3.50 metri – aveva una capacità utile di circa 2000 metri cubi. Lungo il lato obliquo era posto lo sfioratore lungo 34 metri e in grado di smaltire la portata massima pari 10 mc/s. L’ acqua in eccesso tracimante dallo sfioratore veniva raccolta in un canalone a forte pendenza e avviata al pozzetto di imbocco del tubo di scarico. Due paratoie della larghezza di 1.20 metri permettevano, con la loro manovra, lo svuotamento e lo spurgo della vasca immettendo anch’esse, con uno scivolone di raccordo, nel pozzetto d’imbocco del tubo scaricatore.
L’ imbocco dei tubi della condotta forzata era al fondo di un pozzo unico, soprelevato sul fondo della vasca di 50 cm e protetto da una griglia (con un fronte di m 5,70 ed una larghezza di m. 2.50) per impedire l’ingresso delle ghiaie. Nella parte inferiore del pozzo, protetto da paratoie manovrabili dall’interno del fabbricato che lo ricopre, imboccavano i due tubi della condotta forzata (costituiti da lamiera chiodata, con un diametro iniziale di metri 1.70 che si riduce a 1.50 appena fuori dal muro, erano lunghi 194 metri per un peso di circa 170 tonnellate). Le condotte forzate, adagiate sulla mezza costa rocciosa, appoggiavano sopra colonnotti in muratura coll’interposizione di selle di appoggio. Nella parte inferiore le tubazioni, sospese e aumentate di spessore, attraversavano il fiume Oglio mantenendo l’inclinazione della montagna e senza bisogno di sostegni speciali. Ciascuna conduttura era dotata di tre aperture (passi d’uomo) per permettere l’accesso degli addetti alla manutenzione e di un tubo di sicurezza verticale, installato nella parte superiore, per consentire lo sfiato dell’aria e impedire la formazione del vuoto.
Lo scarico della vasca era costituito da un tubo di circa 160 metri. Situato parallelamente e in maniera analoga alla tubazione principale (diametro di 1.5 metri per i primi 28 metri e di 1 metro per i rimanenti). Per evitare la messa in pressione e per attenuare la velocità dell’acqua, alla estremità inferiore il tubo si diramava in tre parti che sboccavano in un pozzetto. Da qui l’acqua, scaricata attraverso un ciglio sfiorante lungo 10 metri, si riversava direttamente nell’Oglio. Lateralmente un’incisione impediva che a scarico inattivo i tubi fossero immersi nell’acqua e col gelo si ostruissero le bocche di efflusso. Una piccola apertura, munita di paratoia, permetteva infine lo svuotamento e lo spurgo del pozzetto.
Con la disposizione della centrale al di là del fiume era eliminato il pericolo in caso di rottura delle tubazioni. L’acqua si sarebbe riversata nell’Oglio, lungo la parete rocciosa, senza produrre alcun danno.
E’ di successiva costruzione l’impianto di depurazione delle acque destinate al sistema di raffreddamento degli impianti della centrale idroelettrica. Il piccolo fabbricato, eretto nello spazio compreso tra le condotte forzate e
il tubo di scarico, copriva una vasca munita di griglia nella quale veniva immessa l’acqua che, dopo un processo di purificazione con carbone vegetale, veniva convogliata con apposita tubazione alla sottostante centrale.
Con la dismissione nel 1962 dell’impianto Malonno-Cedegolo, l’opera idraulica venne abbandonata, fino a quando nel 2012 il Comune di Sellero si dedicò ai lavori di recupero che portarono il sito allo stato attuale. La vasca, riempita di terra, diviene terreno calpestabile con attrezzature ricreative. I manufatti vengano restaurati e si è provveduto alla ricostruzione di alcuni componenti mancanti (paratoie e griglie) verosimili a quelle originali.
LE OPERE E IL PERCORSO DI DERIVAZIONE MALONNO-CEDEGOLO
Progetto Ing. Ernesto Mangiarotta
L’impianto Malonno-Cedegolo della SEB utilizzava l’acqua del fiume Oglio. L’opera di presa, in parte ancora conservata, era collocata a circa 300 m a monte del ponte delle Capre nel Comune di Malonno. Si componeva di una diga tracimabile, di due bocche di presa munite di quattro paratoie e di uno sghiaiatore per regolare la quantità d’acqua immessa nel canale. Dalle bocche di presa l’acqua veniva convogliata nel canale derivatore in questo tratto dotato di una sezione molto più vasta della normale e di uno sfioratore. A circa 200 m dalla presa, si trovava la prima vasca di sedimento per moderare la velocità dell’acqua nel canale e per facilitare il deposito delle materie portate nel periodo di piena. Nella vasca veniva inoltre immessa, mediante un impianto elevatore meccanico, l’acqua del ramo secondario del fiume Oglio, detto Ogliolo, la cui depressione era attraversata da un lungo viadotto a 18 arcate che sosteneva il canale. Poco dopo un ponte obliquo permetteva al canale di sottopassare la strada nazionale del Tonale, per poi disporsi e proseguire sulla mezzacosta, parte scoperto (5.700 m c.) parte in galleria (2.500 m c.). Una seconda vasca di sedimentazione, munita di due scarichi di sfogo per le materie sabbiose che si depositavano per la diminuita velocità, era disposta in corrispondenza del Rio di Molbeno, poi attraversato con un ponte canale a due archi. Con un sottopassaggio obliquo il canale oltrepassava la Ferrovia Iseo-Edolo per poi valicare, con ponti canale ad arco ribassato, i contigui rio Lovaia e torrente Allione, la strada per Paisco Loveno e per ultimo il vallone di Pratovecchio fino a giungere alla vasca di carico.
Video di Francesca Conchieri