A molti il paragone Telfer-Torre Eiffel sarà sicuramente sembrato eccessivo o soprattutto privo di fondamento però un servizio della trasmissione Voyager (“La torre che non doveva durare”), andato in onda lunedì 28 luglio sembra proprio fatto apposta per esplicitare il concetto che abbiamo esposto in varie sedi, in quanto il conduttore Roberto Giacobbo ha esplicitato alcuni significativi aspetti costruttivi. La torre, come noto, suscitò profonda avversione in molti dei più importanti intellettuali francesi del tempo, che si opposero più volte a gran voce alla sua erezione giudicandola “inutile e mostruosa”, un corpo estraneo nella bella capitale francese. Tuttavia il suo progettista, l’ingegner Eiffel, aveva compiuto dei calcoli strutturali molto avanzati e per la realizzazione scelse il ferro pudellato, in modo tale che i vari elementi da assemblare potessero essere collegati tra loro mediante chiodatura a caldo, una tecnica che conferisce ai manufatti un notevole grado di elasticità torsionale unita a una appropriata capacità di assecondare le dilatazioni termiche.
La Telfer di Papigno è figlia delle stesse concezioni tecniche, che tra l’altro hanno costituito un preciso capitolato tecnico nella realizzazione dei ponti delle ferrovie italiane per molti decenni. Tuttavia nessuna opera dell’uomo è in grado di resistere da sola al tempo, per cui richiede una manutenzione adeguata, quale la verniciatura e la sostituzione delle chiodature e degli elementi strutturali deteriorati, al fine di non compromettere la stabilità statica. Periodicamente il municipio parigino provvede a quanto necessario, mentre a Terni non si può dire altrettanto, dato che purtroppo, da quando la passerella è entrata a far parte del patrimonio pubblico, non è mai stata oggetto di alcuna operazione volta a preservarla. Un bel giorno diventa qualcosa da abbattere, che non ha valore, non ha una storia. Pare proprio che l’area del magazzino della cianamide sia proprio sfortunata, poiché proprio da lì, esattamente due anni fa furono rubati preziosi macchinari appartenuti a storiche aziende ternane, che avrebbero potuto fare bella mostra in qualsiasi museo europeo. Alcuni, nello specifico, provenivano dallo Stabilimento Tipografico Alterocca demolito anni fa per far posto all’inevitabile condominio. Possibile che durante i tanti convegni che da trenta anni si svolgono a Terni nessuno degli illustri professori, urbanisti e politici locali della maggioranza e dell’opposizione abbia mai ragionevolmente pensato che avrebbe potuto essere realizzato un Museo Internazionale della Cartolina Alterocca? Ormai è palese come per disinteresse culturale, e per palesi interessi edilizi, sia tutto progressivamente pilotato verso il degrado totale, mentre in Portogallo è stato realizzato il Museo Nazionale dei Giornali, della Stampa e delle Arti Grafiche, o se preferite rimanere in Italia, è davvero pregevole il Museo dell’Arte Tipografica Portoghese di Altamura, in provincia di Bari.