Fondato nel 1995, il Museo nacque per salvare dalla distruzione le fusioni artistiche e i modelli in legno ancora conservati nello stabilimento Ilva nel 1970, al momento della chiusura delle officine; i macchinari delle fonderie furono invece in gran parte demoliti. I reperti, ospitati in varie sedi, furono trasferiti nella sede definitiva del Forno di San Ferdinando nel 1998. L’allestimento documenta l’attività locale di lavorazione artistica del ferro e conserva reperti etruschi e ottocenteschi.
La raccolta è costituita da arnesi da lavoro, modelli in legno per opere artistiche di fusione e oggetti in ghisa prodotti nelle fonderie di Follonica. Ne fa parte anche un forno fusorio etrusco originale. Più recentemente, ha acquisito una raccolta di arnesi da lavoro donati da ex fonditori locali. È affiancato da una Mediateca che conserva carte, disegni e un ricco corredo fotografico, oltre a un piccolo numero di testimonianze orali registrate che si riferiscono alla storia dello stabilimento. Il Museo è inserito nel perimetro magonale e fa parte di un affascinante itinerario all’interno dell’area dell’ex stabilimento Ilva.
Il percorso presenta suggestive testimonianze della lunga stagione del ferro: il cancello di ferro lavorato e di getti, i casotti di guardia, il palazzo granducale, la palazzina del direttore, la residenza dei dipendenti, le fonderie n. 1 e 2, la torre idraulica, il forno tondo San Ferdinando, il bottaccio, la torre dell’orologio e altri edifici connessi al buon funzionamento del grande stabilimento.
I reperti sono esposti nelle sale ricavate all’interno del Forno di San Ferdinando, il cui nucleo primordiale risale al 1496, primo di quella che sarebbe diventata una città fabbrica, totalmente ricostruito nel 1818. Il Forno di San Ferdinando fuse la vena elbana sin verso la fine degli anni Ottanta del secolo scorso. Per quanto concerne le collezioni, parte dei calchi furono realizzati nel 1833 per la fusione dei vari elementi del Fontanile, che doveva abbellire una piazza del capoluogo provinciale, oggi riposizionata ad Arcidosso), e nel 1836 – 1838 per produrre i vari elementi del pronao della Chiesa di San Leopoldo.
Altri si riferiscono al portale artistico delle fonderie e ad alcuni edifici e balaustre dislocati in diverse località toscane, come la porta San Marco e la recinzione marittima dell’Ardenza a Livorno, una villa di Poggio a Caiano, Santa Maria del Fiore a Firenze, ecc. Molte delle fusioni ottenute dai modelli lignei, di battenti, roste e scansaruote si possono ancora ammirare nelle cittadine circostanti. A Suvereto, a San Vicenzo e a Massa Marittima si conservano alcune roste in ghisa di particolare pregio.
La produzione di questi oggetti artistici continuò fino a una settantina di anni fa, come attestano il Catalogo del 1913 e le testimonianze orali raccolte fra il 1975 e il 1990. Si segnalano, fra le acquisizioni recenti del Museo, alcune raccolte di arnesi di lavoro, donate dagli ex fonditori locali.
Il Museo dispone di una Mediateca con un piccolo numero di testimonianze orali registrate, che si riferiscono allo stabilimento.
La raccolta è costituita da arnesi da lavoro, modelli in legno per opere artistiche di fusione e oggetti in ghisa prodotti nelle fonderie di Follonica. Ne fa parte anche un forno fusorio etrusco originale. Più recentemente, ha acquisito una raccolta di arnesi da lavoro donati da ex fonditori locali. È affiancato da una Mediateca che conserva carte, disegni e un ricco corredo fotografico, oltre a un piccolo numero di testimonianze orali registrate che si riferiscono alla storia dello stabilimento. Il Museo è inserito nel perimetro magonale e fa parte di un affascinante itinerario all’interno dell’area dell’ex stabilimento Ilva.
Il percorso presenta suggestive testimonianze della lunga stagione del ferro: il cancello di ferro lavorato e di getti, i casotti di guardia, il palazzo granducale, la palazzina del direttore, la residenza dei dipendenti, le fonderie n. 1 e 2, la torre idraulica, il forno tondo San Ferdinando, il bottaccio, la torre dell’orologio e altri edifici connessi al buon funzionamento del grande stabilimento.
I reperti sono esposti nelle sale ricavate all’interno del Forno di San Ferdinando, il cui nucleo primordiale risale al 1496, primo di quella che sarebbe diventata una città fabbrica, totalmente ricostruito nel 1818. Il Forno di San Ferdinando fuse la vena elbana sin verso la fine degli anni Ottanta del secolo scorso. Per quanto concerne le collezioni, parte dei calchi furono realizzati nel 1833 per la fusione dei vari elementi del Fontanile, che doveva abbellire una piazza del capoluogo provinciale, oggi riposizionata ad Arcidosso), e nel 1836 – 1838 per produrre i vari elementi del pronao della Chiesa di San Leopoldo.
Altri si riferiscono al portale artistico delle fonderie e ad alcuni edifici e balaustre dislocati in diverse località toscane, come la porta San Marco e la recinzione marittima dell’Ardenza a Livorno, una villa di Poggio a Caiano, Santa Maria del Fiore a Firenze, ecc. Molte delle fusioni ottenute dai modelli lignei, di battenti, roste e scansaruote si possono ancora ammirare nelle cittadine circostanti. A Suvereto, a San Vicenzo e a Massa Marittima si conservano alcune roste in ghisa di particolare pregio.
La produzione di questi oggetti artistici continuò fino a una settantina di anni fa, come attestano il Catalogo del 1913 e le testimonianze orali raccolte fra il 1975 e il 1990. Si segnalano, fra le acquisizioni recenti del Museo, alcune raccolte di arnesi di lavoro, donate dagli ex fonditori locali.
Il Museo dispone di una Mediateca con un piccolo numero di testimonianze orali registrate, che si riferiscono allo stabilimento.